CELEBRAZIONI GIORNO DELLA MEMORIA 2024 – GALLARATE

CELEBRAZIONI GIORNO DELLA MEMORIA 2024 – GALLARATE

DOMENICA 28 GENNAIO 2024, CELEBRAZIONE GIORNO DELLA MEMORIA AL CIMITERO MAGGIORE DI GALLARATE, CON INIZIO ALLE ORE 11.00 PARTENDO DALL’INGRESSO PRINCIPALE DEL CIMITERO STESSO.
CITTADINI, ASSOCIAZIONI, ISTITUZIONI PUBBLICHE, SINDACATI E PARTITI SONO INVITATI A PARTECIPARE.
La Celebrazione ha avuto inizio con il corteo, all’interno del Cimitero, che si è soffermato al Sacrario dei Caduti di tutte le guerre, deponendovi una ciotola di fiori, quale doveroso omaggio, e con un minuto di silenzio in ricordo dei Caduti.
Successivamente ci si è diretti verso il Monumento ai Deportati e Partigiani, lasciando sullo stesso Monumento una corona d’alloro a cura di ANPI Gallarate.
Alla cerimonia, presenti cittadini e rappresentanti di Partiti e Sindacati (CGIL Gallarate), nonché delle ACLI di Gallarate.
Il Pres. di Anpi Gallarate, dopo i saluti ai presenti, ha stigmatizzato come il GIORNO DELLA MEMORIA non è un fatto privato, ma pubblico, e rivolto a tutte le persone che hanno a cuore il significato della MEMORIA.
L’assenza di una rappresentanza dell’Amm. Comunale è stata notata da tutti i presenti alla cerimonia, con naturale disappunto.
Mascella ha dunque dato la parola a Ilaria Mascella, della Segreteria di Anpi, per la lettura integrale della Legge N° 211 del 20 Luglio 2000 che ha istituito il Giorno della Memoria, e del comunicato del Comitato Nazionale Anpi del 19 Gennaio c.a., e he di seguito riportiamo nella sua interezza:

LEGGE 20 luglio 2000, n. 211 – Istituzione del «Giorno della Memoria» in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

Articolo 1

  1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, «Giorno della Memoria», al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Articolo 2

  1. In occasione del «Giorno della Memoria» di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

Il Comitato nazionale ANPI: “È un errore gravissimo mettere sullo stesso piano la Shoah e altre, pur terrificanti, vicende di oggi”

20 Gennaio 2024

“Il 27 gennaio celebriamo il giorno della Memoria, stabilito da una risoluzione delle Nazioni Unite e recepito da una legge nazionale nel 2000, istituita al fine di ricordare la liberazione di Auschwitz, il ricordo della Shoah, delle leggi razziali, della persecuzione degli ebrei, dei deportati, prigionieri, uccisi, compresi gli oppositori politici, gli internati militari italiani e i lavoratori che avevano scioperato, nonché coloro che hanno messo a rischio la vita per salvare altre vite e per proteggere i perseguitati.
La memoria di tutto ciò è a fondamento dell’esistenza stessa dell’ANPI.
Per questo è un errore gravissimo mettere sullo stesso piano, in occasione del giorno della Memoria, l’incommensurabile tragedia della Shoah e altre, pur terrificanti vicende del nostro tempo, a cominciare dall’inammissibile e vergognosa mattanza che l’attuale governo israeliano sta ininterrottamente compiendo da più di cento giorni nei confronti del popolo di Gaza dopo il barbaro attacco di Hamas ai civili israeliani del 7 ottobre 2023.
Radicalizzando le posizioni con questo intollerabile parallelo non solo si offende la memoria di milioni e milioni di ebrei sterminati dalla macchina di morte nazista, ma si danneggia pesantemente anche l’impegno per l’immediata cessazione dei bombardamenti su Gaza e per la ricerca di una soluzione politica al tragico conflitto in corso. Tale soluzione non può che essere quella di due popoli in due Stati, a garanzia della sicurezza di entrambi.
L’ANPI rimane fedele al “Giuramento di Mauthausen”, incardinato sui valori di pace, libertà e giustizia sociale. Da ciò deriva la solidarietà internazionale che è ben presente nella nostra memoria e per questo l’ANPI è da sempre impegnata nella ricerca e nella costruzione del dialogo e nel perorare ogni possibilità di disarmo, cessate il fuoco e trattative diplomatiche, al fine della realizzazione dell’obiettivo fondamentale: la pace”.

Comitato nazionale ANPI
19 gennaio 2024

Mascella ha poi chiesto se ci fosse qualcuno che volesse intervenire, e si è proposta la Poetessa Annitta Di Mineo, che ha declamato una sua poesia che di seguito riproduciamo:

 

Binario 21

Dalla banchina del Binario 21

in migliaia vengono caricati su vagoni

non sventolano mai e fazzoletti

per salutare i propri cari

Nessuna lacrima sparsa o asciugata

nessuno a terra per un abbraccio

nessuna voce aleggia

<<Scrivi-Invia una cartolina>>

Dal binario 21 il sole s’eclissa

le porte si chiudono

solo un fischio e i treni partono

senza annunciare destinazione

Negli urli silenti dei sotterranei

della stazione di Milano

per grandi e piccini il dì diviene

cielo senza splendore

Nuvola nera scorre sui binari

e la vita si spegne

in piccole valigie

mai aperte

“Del Tempo Disumano” di Annitta Di Mineo

 

Ringraziando gli intervenuti, Mascella ha voluto salutare in particolare la “pattuglia” dei giovani studenti e studentesse (capeggiati, per così dire, da Giorgio Martignoni, Rappr. degli studenti dell’ISIS Ponti) che hanno presenziato la cerimonia a titolo personale, non inviati dalle rispettive Scuole di appartenenza, complimentandosi con loro per la saggia e autonoma scelta.

Il Relatore Ennio Melandri, assente per temporanei problemi di salute che gli hanno impedito la diretta partecipazione, ha affidato al Pres. Mascella la lettura della sua prolusione, che qui di seguito riproduciamo integralmente:

GIORNO DELLA MEMORIA 204 – GALLARATE

Ogni anno il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, la ricorrenza con cui si ricordano i tanti non precisati milioni di vittime dello sterminio nazista, e fascista, prima e durante la seconda guerra mondiale.

Sei milioni di queste vittime innocenti appartenevano al popolo ebraico: un genocidio chiamato shoah, perpetrato con metodo scientifico, o meglio puntigliosamente ragionieristico.

Il 27 gennaio 1945 l’esercito sovietico sfondò i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz in Polonia. Da quel giorno quel campo è diventato il luogo simbolo della sofferenza e della discriminazione di chi è stato internato solo perché ebreo o zingaro o omosessuale o anche semplicemente perché persona con idee politiche diverse da quelle di chi era al potere.

Ricordare le vittime di quegli anni lontani può sembrare un qualcosa che non ci tocca direttamente, ma in realtà non è così. La Giornata della Memoria non serve solo a commemorare quei milioni di persone uccise crudelmente e senza alcuna pietà quasi 80 anni fa. Serve a ricordare che ogni giorno vengono esercitate tante piccole discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi. A volte noi stessi ne siamo autori, magari senza che ce ne rendiamo conto. Verso queste discriminazioni spesso non si alza abbastanza la voce e spesso, per comodità e opportunismo, ci si nasconde in quella zona grigia della mente e del comportamento che è l’indifferenza, l’indifferenza verso chi viene isolato e non accettato perché considerato diverso.

Perciò, per evitare che una tragedia come quella dell’olocausto si ripeta occorre ricordare e soprattutto capire. Ora che la possibilità di farlo ascoltando la voce di chi è stato direttamente coinvolto da quegli eventi è diventato pressoché impossibile, dobbiamo ricorrere allo studio della storia, che purtroppo è una disciplina sempre più trascurata in una società del presente che tutto subordina al tornaconto immediato.

La grande storia e la piccola storia. Come quella della nostra cittadina che alcuni anni fa con le pietre d’inciampo ha emblematicamente ricordato Clara Cardosi, Lotte Mazzucchelli, Vittorio Arconti deportati e uccisi in un campo di sterminio nazista. O quello del mio paese di nascita, sulla linea del fronte dal novembre del ’44 all’aprile del ’45, in cui ogni giorno i propri cittadini, tra cui i miei genitori, rischiavano la vita per salvare ebrei fornendo loro identità false o rifugio. Nel dopoguerra lo Stato d’Israele attribuì a Cotignola l’alto riconoscimento di Città dei giusti.

Scusate questo richiamo un po’ personalistico, andiamo ai responsabili della shoah: responsabilità lunghe millenni, dalla cattività babilonese ed egiziana alle ghettizzazioni con l’accusa religiosa di deicidio, ai ricorrenti pogrom un po’ ovunque quando un malessere sociale trovava il suo più facile capro espiatorio nelle comunità meno protette.

Parliamo del nazismo quindi, e parliamo del fascismo.

Già nel Mein Kampf Hitler anni prima aveva scritto: “Una razza forte schiaccerà le deboli, perché lo slancio vitale, nella sua forma definitiva, abbatterà le assurde barriere della cosiddetta umanità degli individui per l’umanità della Natura (Natura maiuscolo) la quale distrugge il debole per dare il suo posto al forte”.

Su questa legge primordiale si basò tutta la concezione nazista dell’Ordine nuovo che doveva essere instaurato nel mondo. Era una pazzia, ma una pazzia lucida, scientifica. Era il modo di esaltare tutti gli istinti peggiori del genere umano. L’imposizione brutale del lavoro forzato, gli orrori dei campi di sterminio, l’eliminazione degli ebrei e degli altri popoli inferiori nonché degli oppositori politici, in fondo, in questa oscura follia, erano mezzi che avevano una loro coerenza. In un certo senso inevitabili anche se dolorosi, per raggiungere quel fine, per portare a termine quella missione.

Il nazismo, insomma, prima di essere una mostruosità sul piano delle cose, era un mostro intellettuale.

Tuttavia, già a partire da Norimberga e poi nei tempi lunghi di almeno tre generazioni la Germania ha fatto i conti con la sua storia, forse non del tutto se consideriamo gli attuali rigurgiti neonazisti, ma complessivamente li ha fatti. Le manifestazioni di questi milioni di cittadini tedeschi contro Die Heimat e altri gruppi dell’estrema destra ne sono una conferma.

L’Italia no, i conti non li ha fatti, nonostante il razzismo e l’antisemitismo non fossero gli elementi costitutivi del regime fascista, per lo meno nella sua prima fase. Cito un aneddoto, irrilevante se volete, ma significativo: con la conquista dell’Etiopia divenne di moda la canzone Faccetta nera. Ma non aveva un significato razzista. Fra l’altro si cantava “faccetta nera sarai romana e per bandiera ti daremo l’italiana”. Per questa ragione i nazisti l’avrebbero proibita durante la Repubblica di Salò.

Per altro non furono pochi gli ebrei che ebbero incarichi di responsabilità nel fascio e che prestarono servizio anche ad alto livello negli enti pubblici.

Fu nel 1938 che Mussolini si allineò al Nazismo sul problema degli ebrei, col lancio del Manifesto della razza, prima, con l’organizzazione di un censimento sull’origine etnica del popolo italiano, poi. Così iniziarono i provvedimenti restrittivi. Furono una trentina i decreti leggi che progressivamente revocarono la cittadinanza italiana agli ebrei, proibirono i matrimoni misti, imposero il loro licenziamento dagli uffici pubblici, li espulsero dalle scuole e dalle professioni, chiusero i loro negozi, confiscarono le loro proprietà. A Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza, venne allestito un campo di concentramento destinato agli ebrei e agli apolidi, e, con l’inizio della guerra, ai cittadini stranieri degli stati nemici residenti in Italia. Fortunatamente per loro, il campo venne liberato dagli inglesi nel ’43, prima dell’armistizio.

Perché fu dopo l’8 settembre, con il sorgere della repubblica sociale, che il problema razziale assunse dimensioni devastanti per la popolazione ebraica. Con la rigenerata milizia fascista che divenne così valida collaboratrice delle SS nell’applicazione della soluzione finale anche in Italia; a volte perfino superandone l’atrocità, atrocità già per altro consumate dagli stessi miliziani fascisti nei territori occupati in comproprietà con i tedeschi, come nei Balcani. In quei territori le camicie nere italiane nel ’42 -’43 si erano rese protagoniste di episodi di una crudeltà tale da costringere le stesse SS a raccomandar loro, per motivi di sicurezza, di non infierire più di tanto sulla popolazione locale. E ora, nella Repubblichina, nel loro piccolo si sforzarono di essere all’altezza dei camerati nazisti, con i loro bravi campi di Fossolo, nel modenese, e con la Risiera di San Sabba, nel triestino.

A questo punto mi sorgono due domande.

Come è stato possibile che il popolo tedesco, considerato allora il più colto del mondo, nella sua quasi totalità si fosse sentito un tutt’uno col nazismo, al punto tale da rendersi protagonista di una stagione di fanatismo e violenza senza precedenti nella storia? È vero che c’era la guerra e la guerra libera spesso l’essere umano da ogni freno morale, ma forse questo non basta.

E come è stato possibile che in Italia un regime che ha condotto il suo popolo in una sciagurata guerra stracciona sia stato metabolizzato a un punto tale da assolvere un ventennio, all’insegna del trasformismo politico e del mito degl’italiani brava gente?

Purtroppo, oggi ne viviamo le conseguenze: nonostante le stragi, le società segrete, i tentativi abortiti di colpo di stato, le deviazioni dei servizi e di certe istituzioni che solo a parole si sono dimostrate democratiche, le responsabilità del fascismo sono state rimosse e il fascismo è stato sdoganato. Al punto che oggi chi ci governa avendo giurato sulla Costituzione, violenta nei fatti la Costituzione stessa, avendo l’intento di stravolgerne l’impianto, con progetti come il premierato e l’autonomia differenziata, o attaccando quotidianamente l’autonomia della magistratura e svuotando il parlamento delle sue funzioni legislative.

È in questo contesto che, nonostante gli sforzi di tenere vivo il ricordo dei tanti morti nei campi di concentramento, l’antisemitismo trova ancora terreno fertile. Un antisemitismo fatto di plateali ostentazioni di squadrismo e che si nasconde dietro il paravento dell’antisionismo a sua volta sdoganato dalla guerra in corso a Gaza.

E siamo all’attualità. Mi si conceda a questo punto di chiudere fissando quelli che secondo me sono due punti fermi: una cosa è stata la strage terroristica perpetrata da Hamas a danno di inermi civili israeliani con il corollario infame di centinaia di ostaggi usati come scudi umani e merce di scambio, e altra cosa è il popolo palestinese che giustamente rivendica il suo diritto di esistere.

Così come una cosa è il regime corrotto di Netanyahu che sta massacrando decine di migliaia di bambini e di civili palestinesi e altra cosa è il popolo dello stato d’Israele che ormai non ne può di questa strage e riempie le piazze di manifestanti che invocano la pace.

Sarebbe come se da un osservatorio esterno tutto il popolo italiano venisse identificato con il governo in corso, dimenticando che, stante la percentuale dei non votanti che ormai supera il 40%, con il suo 28-30% di consensi il partito di maggioranza rappresenta di fatto appena il 15-16% dell’elettorato.

Del resto, singolare analogia, il Likud, il partito di Netanyahu, alle ultime elezioni ha ottenuto il 23% sul 72% di votanti. Siamo lì, lo stesso coefficiente di consenso. Solo alleanze con i movimenti religiosi più integralisti rappresentati nella Knesset hanno reso possibile poi la formazione di questo governo.

E questo della disaffezione elettorale è un problema in più, è il sintomo di una estraneità verso la politica e di un disinteresse civico che sta minando le basi della democrazia. In questo quadro mi auguro che il Giorno della Memoria e le altre ricorrenze civili possano dare il loro contributo a rafforzare queste ormai fragili basi.

Chiudo con una citazione che mi sembra pertinente: è di Amos Oz, uno dei più noti scrittori israeliani, che nel suo ultimo saggio “Cari fanatici” del 2017, un anno prima della morte, scrisse:

C’è una parte della nostra società “che si oppone all’occupazione dei territori [palestinesi] e si rifiuta di continuare a dominare un altro popolo, ma continua a credere che il popolo ebraico israeliano abbia il diritto naturale, storico, legittimo ad una vita di autodeterminazione politica …ma [questa posizione] è detestata dai coloni oltranzisti per un verso e dal fronte post sionista e antisionista per l’altro. Entrambi la denunciano da molti anni, entrambi non vedono l’ora di annientarla. Per questo a volte si ha l’impressione che quei due estremi si siano messi d’accordo per farci perdere ogni speranza…”

E ancora “Adesso vi faccio una piccola confessione: amo Israele anche quando non lo sopporto…Ho molta paura per il futuro. La politica del governo mi fa paura e un po’ me ne vergogno. Ho paura del fanatismo e della violenza sempre più diffusi da noi, e [ripeto] un po’ me ne vergogno “

Questo scrisse nel 2017. Proviamo a immaginare cosa scriverebbe oggi.

ENNIO MELANDRI

p. ANPI GALLARATE

28 Gennaio 2024

 

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