Commemorazione 5 Martiri di Ferno e Samarate – 5 Gennaio 2019
Si è svolta, Sabato 5 Gennaio 2019, la Commemorazione dell’Eccidio dei 5 Martiri di Ferno e Samarate (Nino Locarno, Silvano Fantin, Dante Pozzi, Claudio Magnoli, Paolo Salemi), avvenuta 74 anni or sono per mano fascista.
La Manifestazione ha visto la deposizione di omaggi floreali nei luoghi di memoria del tragico evento, il Cimitero di Samarate e quello di Ferno, preceduta dalla tradizionale S. Messa nella Chiesa Parrocchiale di Samarate.
Dopo gli interventi introduttivi di saluto degli Amministratori Comunali di Samarate e Ferno (Sindaco di Ferno Filippo Gesualdi, Ass.ra Laura Moi di Samarate e Ass.ra Sarah Foti di Ferno) e la commovente rappresentazione degli alunni di 5^ elementare, che hanno declamato alcune citazioni, è stata data la parola all’Oratore per la prolusione ufficiale dell’evento, l’Avv. Stefano Tosi, V. Pres. Prov.le di Anpi, di cui riproduciamo qui di seguito per intero il discorso.

ORAZIONE UFFICIALE COMMEMORATIVA
Ringrazio il Sindaco di Ferno, Filippo Gesualdi, dell’invito che, ancora una volta, suo tramite l’Amministrazione del Comune di Ferno mi ha fatto in occasione della Commemorazione dell’Eccidio dei 5 Martiri.
Mi chiamo Stefano Tosi, sono un avvocato, e sono qui in rappresentanza dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, che ha oltre 120.000 iscritti in tutta Italia, ed è ancora oggi, tra le più grandi associazioni di ex-combattenti presenti e attive nel Paese.
Una strana associazione di ex-combattenti, perché accorpa e rappresenta coloro – oggi, purtroppo, pochissimi, a causa del passare del tempo -, i quali 75 anni fa, diventarono “Combattenti della Libertà”, o “Combattenti per amore”, come arrivarono a chiamarsi alcuni gruppi di resistenti.
Ed insieme a loro unisce oggi uomini, donne, ragazzi e ragazze che ci tengono a che quella drammatica e tragica esperienza del Ventennio fascista, della Seconda Guerra mondiale, dell’Olocausto e della deportazione degli Ebrei, degli omosessuali, degli zingari, dei disabili, degli oppositori politici, non si ripeta, e ci tengono che la nostra bellissima Carta Costituzionale sia attuata interamente, magari, permettetemelo, adattandola un pochino ai tempi che cambiano.
Settantaquattro anni fa io non c’ero, sono vecchio ma non così tanto, il 25 Aprile del 1945 con la liberazione delle grandi città del nord (Milano, Torino) finiva anche in Italia la Seconda Guerra Mondiale, guerra con una ultima fase orribile, perché era guerra di fratello contro fratello, di italiano contro italiano, visto che, malgrado formalmente si fosse firmato un armistizio, l’esercito tedesco aveva occupato una cospicua parte del territorio italiano, e aveva rimesso a governare proprio quelle forze fasciste decadute qualche mese prima.
Il fascismo era una dittatura, che governava in Italia dall’ottobre 1922.
Il c.d. regime aveva soppresso le più elementari libertà:
Di parola – bisognava stare attenti a quello che si diceva, per il rischio che qualcuno, per soldi, facesse la spia, ed allora erano botte, torture, a volte l’esilio, la deportazione o la morte.
Di movimento – servivano, dopo certi orari, dei speciali lasciapassare per girare in città.
Di associazione – non si poteva stare in luogo aperto in più di tre.
Di attività politica – lo so, oggi come oggi politica è una brutta parola, ma dovete pensare che la nostra vita dipende molto da scelte politiche, cioè da scelte di Governo della polis, cioè della comunità dei cittadini.
E se pensate che la nostra Costituzione, che è frutto diretto dell’esperienza della Guerra di Liberazione, dice che chi comanda, o comanderebbe…, è il popolo, cioè noi tutti, capite che le scelte su come governare sono fondamentali.
Io, come vi dicevo, settantacinque anni fa non c’ero.
Ma credo in quei valori, che tutti voi potete leggere nello Statuto dell’associazione nazionale partigiani d’Italia, valori che hanno spinto allora ragazzi tra i 15 ed i 20/25 anni, ma anche militari tornati fortunosamente dai campi di concentramento in Germania o rientrati a stento dalla disastrosa campagna di Russia, donne lavoratrici e non, ad impegnarsi attivamente, ed a rischio della loro vita, per far finire un periodo di miseria, di fame, di oppressione, e credo che quei valori siano ancora validi oggi.

E credo che dove ci siano persone, gruppi, associazioni, movimenti o partiti politici che distinguano un noi e un loro, che improntino la loro azione politica basandola sull’aggressione verbale (fortunatamente solo verbale, finora) dell’avversario, che siano interessati solo alla forma ma scordino la sostanza della difficoltà di vivere in democrazia, che abdichino all’uso del loro raziocinio invocando la necessità di un uomo forte al comando, di una Nazione forte contro tutto e contro tutti, lì ci siano i germi di una rinascita del fascismo.
E, fortunatamente, quando si è presentato il problema di come affrontare un regime armato, spietato, violento, appoggiato dal più forte esercito europeo dell’epoca, quello tedesco,
“la gente, quando si tratta di scegliere e andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti che sanno benissimo cosa fare”.
Questa è una frase tratta da una bellissima canzone, intitolata “La Storia”, di un cantautore, Francesco De Gregori, che è chiarissima nel rappresentare, in due righe una scelta che, per quei ragazzi (e ragazze) che al caldo delle caserme repubblichine hanno preferito il freddo delle montagne. Che ad un certo punto a salari da fame ed orari di lavoro da schiavi hanno scelto di scioperare, anche se la produzione industriale bellica, e non, era sottoposta al controllo diretto dell’esercito occupante tedesco. E scioperare significava mettersi contro ad un esercito armato.
Ma si trattava di scegliere: scegliere ad esempio, se appoggiare un governo che aveva sostenuto ed approvato il Manifesto della razza che diceva che (vedete voi se sostituire alcuni termini con altri più in voga in questo periodo sui social):
“È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di sé stesso e di maggiore responsabilità.
È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche (arabi ed ebrei) e camitiche (africani, egizi e tutte le popolazioni nere) stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.”
Diretta emanazione del Manifesto della Razza sono le c.d. “Leggi razziali”, che in realtà sono leggi razziste, firmate dal Re Vittorio Emanuele III (da bustocco, mi rimane indigesta la scelta dell’attuale Giunta di Busto Arsizio di invitare un Savoia ad inaugurare il restyling di una piazza dedicata al suo bisnonno, inaugurazione che si è tenuta proprio il giorno di promulgazione delle leggi razziali) che stabilivano l’impossibilità per gli ebrei insegnare, e anche di imparare come studenti, di fatto di esercitare le professioni c.d. liberali (avvocato, notaio, giornalista). Aprendo la strada all’emarginazione, lavorativa e sociale, e, in una seconda fase, per volontà di Hitler, alla deportazione ed alla morte.
Introducendo un altro tema, pensate a casa vostra: la vostra mamma ed il vostro papà avranno esposte in soggiorno o in cucina delle foto, vostre o di vostri parenti, che vi ritraggono in momenti felici della vostra vita.
E pensate a quanto è facile oggi fare una foto, grazie agli smartphone: le cui memorie si riempiono di foto, le più disparate, le gite ed i compagni di classe, quello che stiamo mangiando, i posti che vediamo, quello che ci succede attorno.
Adesso pensate che alla fine della guerra, oltre settant’anni fa, anche allora in molte case italiane, sui mobili, appoggiate su centrini fatti all’uncinetto, racchiuse in cornici a volte anche d’argento, c’erano delle foto.
Erano foto di ragazzi giovani, ed erano tutti in divisa.
Erano vestiti da soldati.
Perché quando c’era la guerra, a 21 anni si andava al fronte, a combattere.
E molto spesso non si tornava a casa.
Vi ho detto di quanto sia facile fare fotografie oggi. Pensate invece che quella foto in divisa era l’ultimo ricordo di un figlio, di un padre, di un marito.
Sul pianeta Terra oggi ci sono ancora circa 70 Stati coinvolti in guerre.
Anche nella nostra Europa (intesa sotto un concetto geografico) ad oggi sono 9 gli Stati che sono teatri di eventi bellici. Ci sono 81 tra milizie -guerriglieri, gruppi terroristi –e separatisti coinvolti.
Il punto più caldo continua ad essere la parte più ad est, dove l’Europa tocca l’Asia, una zona storicamente tra le più colpite da «battaglie» spesso molto feroci.

Lo so che la geografia non è più materia gradita ma pensate che si combatte ancora in Cecenia (contro i militanti islamici), in Daghestan (guerra contro i militanti islamici), in Ucraina (a seguito della secessione dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk e dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk) e nella zona Nagorno-Karabakh (scontri tra esercito Azerbaijan contro esercito Armenia e esercito del Nagorno-Karabakh).
Sono luoghi che si potrebbero o si possono raggiungere in aereo in 3 o 4 ore.
Molto meno tempo di quello che si impiega per volare alle Canarie per una vacanza.
Sono sicuro che là, purtroppo, ci sono ancora le foto dei soldati, figli, mariti, padri, sui mobili di casa.
Su qualche mobile di Ferno, o di Verghera o di Noto, ci sarà stata o ci sarà ancora oggi, la foto di Dante Pozzi (“Primula Rossa”) e Paolo Salemi (“Remo” e“Arturo”), entrambi di 23 anni, Silvano Fantin (“Piccolo”) 18 anni, Claudio “Claudino” Magnoli, fernese di 22 anni, il 23enne vergherese Nino “Walter” Locarno.
Racconta nel suo libro il Comandante Antonio Ielmini Fagno.
Era il 5 gennaio 1945. Era in atto un grosso rastrellamento dei confronti dei gruppi partigiani, attaccati dagli occupanti nazisti e dai fiancheggiatori fascisti repubblichini. Nella zona di Ferno operava la “Compagnia della morte” del “Battaglione azzurro” della Folgore di Tradate.
La delazione di un giovane repubblichino precedentemente catturato, ed a cui, per la giovane età fu fatta salva la vita, portò gli sgherri repubblichini sulle tracce dei partigiani della Prima Brigata Lombarda che erano stati sganciati dal loro comandante in zona Cascina Brabbia, dove avevano trovato riparo.
Dopo averli uccisi, i fascisti fecero scempio dei loro corpi e li portarono, irriconoscibili al cimitero di Ferno, e li buttarono in una fossa comune.
Fu possibile tenere le loro cerimonie funebri nel giugno del 1945, a guerra finita.
Nello Statuto originario dell’Associazione Partigiani, scritto nel 1944, l’Italia era ancora in guerra, erano evidenziati gli scopi operativi che ci si era prefissato di raggiungere. Tra questi:
– Restituire al Paese una piena libertà e favorire un regime di democrazia per impedire in futuro il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e assolutismo.
– Valorizzare in campo nazionale e internazionale il contributo effettivo portato alla causa della libertà dall’azione dei partigiani.
Hanno fatto parte dell’Anpi personaggi famosi. Tra tutti, ricordo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, valoroso partigiano socialista e membro della Presidenza Onoraria dell’ANPI.
Per venire alla storia più recente, dal 1990 ad oggi, l’Associazione ha affrontato, con la solita e solida fedeltà alle Istituzioni democratiche nonché determinazione morale, le tante questioni nazionali che hanno caratterizzato questi due decenni. Da “Tangentopoli” alle offensive mafiose, alla grande battaglia contro i tentativi di modifica della Carta Costituzionale, che portò all’esito vittorioso dei referendum del 2006 e del 2017, citerei anche la dura opposizione nel 2009 al progetto di legge 1360 – poi bloccato – con cui il Governo intendeva equiparare i repubblichini di Salò (un esercito irregolare, oltreché subordinato ai nazisti nei loro crimini) ai partigiani. È da ricordare anche battaglia, condotta con esito positivo nell’agosto 2011, per ripristinare le festività civili, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, minacciate di essere soppresse con una manovra finanziaria.
Oggi l’ANPI è ancora in prima linea nella custodia e nell’attuazione dei valori della Costituzione, quindi della democrazia, e nella promozione della memoria di quella grande stagione di conquista della libertà che fu la Resistenza.
Vi saluto con una poesia, di uno dei più grandi autori italiani del ‘900, Italo Calvino, che è stato anche un partigiano nelle Brigate Garibaldi.
Una poesia che ha un significato profondo ed assieme semplicissimo da comprendere: ciascuno di noi è importante, quello che facciamo è comunque importante, e tutti noi col nostro comportamento formiamo la coscienza del nostro paese.
Una poesia che ci permette di accomunare le nostre piccole azioni di ogni giorno a quelle grandi di chi ci ha preceduto, permettendoci oggi di vivere in pace ed in libertà.
Anche noi, come i 5 martiri che oggi qui ricordiamo, siamo parte della Storia.
La storia
di Italo Calvino
“Io cammino per un bosco di larici
e ogni mio passo è storia.
Io penso, io amo, io agisco,
e questa è storia.
Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta
di piccoli gesti
e tutte le cose che farò prima di morire
saranno pezzetti di storia
e tutti i pensieri di adesso
faranno la storia di domani.”
Grazie della vostra attenzione.
Avv. Stefano Tosi
Ferno, 05 Gennaio 2019
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