LUCIANO ZARO
(22 Luglio 1924 – 24 Novembre 1944)
L’ ANPI di Gallarate, nella ricorrenza dell’assassinio di Luciano Zaro, appuntamento divenuto momento tradizionale di mesta ma rinnovata riflessione, auspica che nel nome del Martire e di tutti coloro che al pari furono vittime della violenza nazifascista, si celebri anche la speranza di una nuova stagione di Pace, così duramente messa alla prova dagli avvenimenti nazionali ed internazionali, con una sempre più preoccupante recrudescenza di manifestazioni (talvolta tollerate, quando non incoraggiate e/o promosse da talune Istituzioni) che si richiamano a quell’oscuro passato che nessuno si augura possa ritornare.
Luciano Zaro fu assassinato la sera del 24 Novembre 1944, nella propria abitazione nella frazione di Arnate in Gallarate, mentre era assieme alla madre: alcuni tristi figuri della Brigata Nera agli ordini del famigerato Maresciallo Crosta, con il pretesto di cercare armi nascoste dai partigiani, fecero irruzione nella casa.
Il giovane Zaro rispose pacatamente ai pressanti, minacciosi interrogatori, affermando che nella sua casa non vi erano armi di nessun genere: nonostante ciò, e nonostante in effetti non furono ritrovate armi, il Maresciallo Crosta ne ordinava comunque l’arresto, intimandogli di seguirlo in caserma. Il ragazzo, visti inutili i suoi argomenti di difesa, si apprestò quindi ad indossare un capo di vestiario che lo proteggesse dal freddo, e mentre ciò faceva, il Crosta, con inaudita ed inutile ferocia, lo freddava proditoriamente con una serie di colpi di pistola, dinnanzi alla madre sgomenta ed impietrita dall’orrore.
Dopo aver messo a soqquadro la casa alla vana ricerca di armi, non trovando nulla, la squadraccia fascista abbandonò il luogo dell’efferato delitto, lasciando dietro di sé un morto ed una madre nella disperazione.
Verso la fine del ’44 la 127^ Brigata Garibaldi S.A.P., alle dirette dipendenze del C.L.N. (Comitato Liberazione Nazionale) di Gallarate, divenne la 181^ Brigata “Luciano Zaro”, in memoria del ragazzo così barbaramente trucidato.
L’ Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ne affida la memoria alle generazioni attuali e future, nel convincimento che il sangue innocente versato sia da esempio affinché la barbarie vissuta non abbia mai più a ripetersi.
Domenica 23 Novembre 2014, alle ore 12.00,
l’Anpi, insieme ai familiari del Martire, deporrà una corona di alloro sulla lapide che ne ricorda il sacrificio, in via Garegnani a Gallarate, prospiciente p.zza Luciano Zaro.
Le Istituzioni cittadine, le forze politiche democratiche, le Organizzazioni Sindacali, le Associazioni, i cittadini tutti sono invitati a partecipare.
Il Presidente Anpi Gallarate
M. Mascella
Gallarate, 12 Novembre 2014
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La breve ma intensa e partecipata cerimonia, alla presenza tra gli altri della famiglia del Martire, è stata introdotta dal Pres. di Anpi Gallarate M. Mascella, che nel suo breve intervento ha voluto ricordare le recenti frasi pronunciate da Papa Francesco, non a caso collegandole con le aspirazioni dei Resistenti, molti dei quali per quelle aspirazioni sacrificarono la loro vita:
” Alla Fao, in occasione della seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, il Pontefice ha detto che «le nostre società sono caratterizzate da un crescente individualismo e dalla divisione; ciò finisce col privare i più deboli di una vita degna e con il provocare rivolte contro le istituzioni». Il Sole 24
Per Papa Francesco oggi «è doloroso constatare che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla “priorità del mercato”, e dalla “preminenza del guadagno”, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria» Il Sole 24 Ore
Gli affamati del mondo chiedono dignità, non elemosina «Oggi si parla molto di diritti, dimenticando spesso i doveri; forse ci siamo preoccupati troppo poco di quanti soffrono la fame», ha detto Papa Francesco. «E mentre si parla di nuovi diritti, l’affamato è lì, all’angolo della strada, e chiede diritto di cittadinanza, di essere considerato nella sua condizione, di ricevere una sana alimentazione di base. Ci chiede dignità, non elemosina», ha detto Bergoglio tra gli applausi. Il Sole 24 Ore”
Ha quindi ringraziato tutti i presenti ed i Rappresentanti di Sindacati e delle Istituzioni cittadine, tra cui vari Assessori e Consiglieri (Cinzia Colombo – Angelo Protasoni – Ivano Ventimiglia) ed il V. Sindaco Avv. Giovanni Pignataro, al quale ha dato la parola per il suo intervento: intervento che si è concentrato sopratutto sulla importanza della Memoria rivissuta attraverso gli occhi del presente come messaggio alle generazioni presenti e future, necessario per la comprensione della complessità del mondo in cui viviamo, ereditato da quelle lotte che ebbero protagonisti i Partigiani e coloro che li sostennero.
Successivamente l’Orazione ufficale dell’Oratore designato da Anpi Gallarate, Stefano Rizzi, membro del Direttivo di Sezione e funzionario della Fillea CGIL Varese:
“Luciano Zaro: 24 Novembre 1944 – 70 anni domani – assassinato a 20 anni in questo cortile di via Garegnani dalla Brigata nera al comando del maresciallo Crosta. Il triste episodio si verificò durante una perquisizione alla ricerca di armi.
E’ bene ricordalo, Zaro era un antifascista in quanto apertamente critico del regime, ma non un combattente in armi.
Zaro negò la presenza di armi che la squadraccia fascista cercava e per questo fu minacciato di essere arrestato. Nelle fasi immediatamente successive, in circostanze mai chiarite, Luciano Zaro veniva freddato sul posto con una serie di colpi di pistola davanti alla propria madre.
Quelle armi non furono mai trovate ma un ragazzo di 20 anni veniva assassinato evidentemente nel nome dell’ordine e della disciplina.
A distanza di 70 anni, un filo nero lega quel passato al presente: analoghi altri eccessi sui quali ancora non si è fatta verità. Ragazzi come Giuseppe Uva e Federico Aldrovandi, fra gli altri, probabilmente per un medesimo bisogno di ordine, hanno perso la vita tra le mani e per mano delle forze dell’ordine.
Luciano Zaro fu assassinato alla ricerca di armi. Armi mai trovate, dicevamio. Allo stesso modo, é bene ricordarlo e ricordarci che, nel vicino Nord Africa come nel Medio Oriente, la ricerca di armi di distruzione di massa (poi mai trovate, di nuovo) è stata utilizzata di sovente quale paravento per interventi militari tesi a rovesciare regimi dittatoriali. Interventi militari che hanno finito per avviluppare quei paesi e quei popoli in una spirale di violenze brodo di coltura del terrorismo internazionale e di integralismi di varia natura.
Ci permettiamo queste riflessioni, in una giornata come questa, perché l’ANPI non è una associazione di reduci.
Se la nostra Costituzione fosse applicata nei suoi principi ispiratori e nelle conseguenze dei suoi dettati lasceremmo, volentieri, spazio alle ritualità delle commemorazioni. Ma evidentemente ancora non è tempo.
Dopo tanti decenni, Libertà, Uguaglianza e Giustizia sociale non trovano ancora asilo in questa nostra società. Compito dell’ANPI èla difesa della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla guerra di Liberazione e per fare questo restiamo saldamene ancorati al bisogno del nostro passato per saper leggere criticamente il presente.
A distanza di 70 anni, complice la pesantissima crisi economica che stiamo attraversando, riemergono con forza fantasmi del passato che pensavamo sconfitti. Disperazione e incertezza del futuro alimentano quotidianamente culture dell’odio. La facile, artata, costruzione del nemico “tra coloro che son più deboli di me” o “tra chi è diverso da me” è la più classica risposta per esorcizzare le nostre paure. Ahimé ricetta non originale, foriera, nel corso dei secoli, degli immani disastri di cui è capace questa nostro genere umano.
Ciclicamente, sempre più di sovente e a viso aperto, si susseguono atti e provocazioni che si richiamano apertamente ai principi del fascismo e del nazismo.
Tutto ciò accade qui a poca distanza da noi e non in un altrove non ben definito.
Per il secondo anno consecutivo il Sacrario della battaglia del San Martino, sopra a Varese, é stato fatto di “attenzioni” con l’esposizione di vergognosi striscioni e, quest’anno, disseminato di simboli nazisti. Una “bravata” (bravate di stupidotti a cui non dar peso: così ci dicevano negli anni passati quando segnalvamo il riacutizzarsi ddi certi fenomeni) documentata fotograficamente dai protagonisti che scelgono oggi di non celarsi più nell’anonimato. Ieri, a Varese, l’ennesima manifestazione a Varese di Casa Pound con susseguente inaugurazione di una sede dopo quella già presente di Forza Nuova. Ormai da anni una trafila di episodi sui quali le istituzioni non hanno posto sufficientemente attenzione. Qualche anno fa, a Busto, le ingiurie sulle sedi sindacali seguite poi dall’aggressione fisica all’ultraottantenne Angioletto Castiglioni colpevole di rappresentare la memoria storica di quella città e poi ancora i raduni estivi nel comasco e per il secondo anno consecutivo il raduno europeo degli Hammer Skin nella Milano città medaglia d’Oro della Resistenza.
Ciò che rende il tutto ancor più preoccupante è la saldatura di questa cultura organizzata (fino a ieri marginalizzata dal resto della politica istituzionale) con quelle forze politiche che sono solite utilizzare strumentalmente i bassi istinti per biechi fini elettoralistici.
L’alleanza della lega di Salvini e Borghezio con le frange dell’estrema destra si è conclamata con la manifestazione di Milano di qualche settimana fa, tanto che la Padania é ormai riposta in un cassetto per lasciar spazio alla difesa dell’italianità (segno dei tempi verrebbe da dire)!
Come dicevamo pocanzi la costruzione del nemico, a prescindere dalle verità storiche diventa lo strumento per l’affermazione delle culture dell’odio. In assenza d’altro, la guerra del povero contro il più povero ci renderà liberi.
E se così è, se questa è la cultura che serpeggia e si diffonde, ahimè nelle classi popolari, quelle che più subiscono la crisi e che quindi sono più disponibili alle ricette delle scorciatoie, allora, si comprende come vere e proprie barzellette quali quella dei 40 euro dati giornalmente ad ogni immigrato diventino verità nel comune sentire.
E se così è allora i “nostri” ragazzi vanno all’estero per costruirsi un futuro, mentre i ragazzi “degli altri” vengono qui a rubarci ilo lavoro…
Non aiuta, in questo quadro a tinte fosche, una bistrattata Europa, che, lontana dall’esser l’Europa dei popoli e degli Stati, è percepita evidentemente come un nemico. Ma possiamo anche dire, se parlassimo come ad un amico: cara Europa certi giudizi proprio te li vai a cercare!
Una Europa che, quale unica ricetta alla crisi, impone politiche di austerità che si traducono, da parte degli Stati sovrani, in tagli indiscriminati allo stato sociale e in riduzione dei diritti. Che, in soldoni, significa nessuna prospettiva per le giovani generazioni e continua marginalizzazioni dei soggetti deboli della società.
Un “ce lo chiede l’Europa” dietro a cui si nasconde, ma questo è un mio pensiero, con la sua crudeltà anche il nostro Governo: incapace di soluzioni, ma abilissimo nei proclami che tali generalmente restano salvo che si tratti di fare cassa sulle spalle dei ceti popolari, dei lavoratori e delle lavoratrici, in questo caso le soluzioni sono immediate e repentine. Un governo che si regge a fronte di un patto, noto nel nome ma dai contenuti secretati, stipulato tra l’attuale Presidente del Consiglio ed il pregiudicato suo predecessore, garante quel Denis Verdini di cui lascio a voi l’onere dell’indagine sulla sua storia politica.
Ma, per usare le parole del Presidente nazionale dell’ANPI Carlo Smuraglia vergate all’indomani della grande manifestazione della CGIL a Roma:
“se ci sono tanti (un milione e più) disposti ad impegnarsi, con personale sacrificio, per valori fondamentali come quello del lavoro libero e dignitoso, vuol dire che saremo anche sprofondati nell’abisso di una crisi feroce, di una cattiva politica, della corruzione, dell’invasione delle mafie, ma c’è – tuttavia – una speranza moto forte e concreta di riscatto”.
Sono scritte nel 2014 ma contengono tutta la speranza delle generazioni dei nostri Partigiani all’indomani del settembre 1943!
Dunque: libertà, uguaglianza e giustizia sociale.
Qualcuno ci ha provato, anche a costo della vita, a consegnarci la speranza di un mondo migliore.
A noi, al solito, scegliere da che parte stare.”
Arnate di Gallarate, 23 Novembre 2014
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