GIORNO DELLA MEMORIA – DOMENICA 27 GENNAIO 2019

GIORNO DELLA MEMORIA – DOMENICA 27 GENNAIO 2019

L’ANPI Gallarate, in ossequio alla legge che ne disciplina la diffusione, celebra il “GIORNO DELLA MEMORIA” con una manifestazione pubblica ed aperta a tutti i cittadini, Istituzioni, Scuole, Associazioni e Sindacati. Di seguito si ripropone il testo della legge:

Legge 20 luglio 2000, n. 211

“Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000
Art. 1.1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Art. 2.

1. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

La Cerimonia si è svolta con una manifestazione partecipata, ma con l’assordante assenza della Amministrazione Comunale, peraltro regolarmente invitata con pec (posta elettronica certificata, protocolata), come sempre da quando Anpi si preoccupa di onorare lo spirito e l’esortazione della legge stessa, particolarmente rivolgendosi a tutte le Istituzioni di ogni ordine e grado. Erano comunque presenti Rappresentanti di minoranza del Consiglio Comunale di Gallarate, nelle persone di Margherita Silvestrini e Rocco Longobardi, oltre a Partiti ed Associazioni democratici.
Sono stati deposti omaggi floreali sia al Sacrario di tutti i Caduti di tutte le guerre sia, successivamente, al Monumento alla Resistenza e ai Deportati.
Qui, dopo una breve introduzione del Pres. Mascella, durante la quale ha rimarcato il valore della Memoria e la conseguente necessità di attualizzarne i messaggi e gli insegnamenti, sfuggendo ad una logica perversa che vorrebbe l’Anpi prigioniera di celebrazioni e/o commemorazioni confinate nel recinto dell’oblio, logica che Anpi rifiuta da sempre, è stato invitato tra gli astanti chiunque avesse voluto ad un breve saluto e/o commento. Ha preso la parola la Consigliera di minoranza Margherita Silvestrini, che ha espresso un saluto ed un commento personali. E’ intervenuto anche Carlo Chinetti, che nel ricordo di quanto oggi avviene per esempio sulle coste di Siracusa, visibilmente emozionato, ha portato la sensibilità di tutti coloro che si riconoscono nell’umanità sempre più necessaria per superare il clima di odio che oggi pervade gran parte del Paese, ad opera di sconsiderate propagande xenofobe e razziste.
Mascella ha dunque dato la parola alla Dr.ssa Silvana Baldini per l’Orazione ufficiale della Cerimonia:

27 gennaio 2019. Gallarate. Giorno della Memoria. Intervento Baldini per ANPI:

 

Viviamo in tempi oscuri o meglio tempi tossici, una oscurità fatta di polvere è arrivata dai deserti che in questo ultimo volgere di anni si sono aperti nelle nostre menti e ci si è depositata dentro. E’ una polvere tossica che disarma, disorienta, cancella la memoria, ha un effetto anestetico sulle nostre coscienze.

Che cosa è un anestetico? è qualcosa che fa perdere la sensibilità al dolore sì che qualsiasi procedura dolorosa, da un’estrazione dentaria a un parto, possono essere affrontate in stato di veglia, magari chiacchierando con il chirurgo. Ecco, questa immaginaria polvere anestetizzante infilandosi nelle nostre vene ci ha fatto perdere la percezione del dolore. E, notarsi bene, non parlo del dolore in generale o di quello degli altri, io parlo del dolore nostro, di ognuno del suo, sì che ultimamente riusciamo ad assistere a qualsiasi scempio, a qualsiasi ingiustizia, a qualsiasi violenza magari inferta a innocenti – ma anche a non innocenti ma sempre esseri umani – in modo distaccato, anaffettivo, senza la sensazione fisica di accompagnamento che le dovrebbe venire dietro.

L’abbiamo provata tutti. E’ una specie di nausea, che non è una nausea ma una stretta alla bocca dello stomaco; un azzeramento della salivazione; una contrattura muscolare che diventa un malessere fisico generalizzato, tale per cui se sei seduto, ti dimeni su una sedia; se hai in mano, un oggetto lo stringi; se sei in piedi ti appoggi su un piede e poi sull’altro; se guardi, cerchi di distogliere lo sguardo e ti sforzi di trovare qualcosa da fare ma… regolarmente non lo trovi.

Perchè lo stimolo che ti portato a quel punto magari è la foto dello spettacolo che si trovò davanti l’Armata Rossa quando si aprirono i cancelli di Auschwitz o oggi quello delle persone aggrappate al barcone o strappate da un provvisorio riparo per essere buttate per la strada.

E che cosa posso farci, io – ti dici – adesso, a decenni di distanza per quel che è successo allora? neanche Dio può cambiare il passato. Che cosa posso farci io, qui, a mille km di lontananza per quelli in mare? Chi sono io, da solo, per resistere a un’ingiustizia del Potere?

Tu puoi solo starci male. Ma tu ci devi stare male.

E – voglio precisare subito- non sto parlando della pietà, la pietà è già una concettualizzazione, io parlo della componente fisica della pieta’, io parlo di un malessere del corpo. Del resto non sono una filosofa, non sono una psicologa sociale, non sono una politica, sono un medico, come dire una legata alla concretezza del corpo; parlo solo di quello che conosco. E quello a cui mi riferisco è una sensazione corporea, concreta, vegetativa, connessa con le aree primordiali del cervello e con le risposte viscerali, teoricamente registrabile con una Risonanza Magnetica Funzionale e misurabile con uno strumento.

Bene, dove è finito questo fastidio? Perché non lo avvertiamo più?

Eppure c’era. Io l’ho provato.

L’ho avvertito anni fa a Gerusalemme, allo Yad Vashem; e in un recente viaggio a Cracovia è quello mi ha impedito di andare ad Auschwitz. e mi ha fatto restare in città perchè già ne sentivo i prodromi anche solo al pensiero. Mi è venuto recentemente a Milano in stazione Centrale passando dal binario 21 e sono andata via veloce benedicendo la confusione che c’era attorno. Mi è venuta l’altro giorno guardando le immagini di quelli buttati per la strada al gelo o in mezzo alle onde.

Che fine ha fatto questa sensazione? Eppure c’è sempre stata.

E’ sempre stata presente nella storia dell’umanità. Pensiamo alle varie rappresentazioni artistiche di Cristo in croce, o dei vari martiri o anche alle pitture laiche tipo la Zattera della Medusa, le fucilazioni di Goya, fatte appositamente perché negli spettatori si accendesse proprio questo particolare campanello d’allarme. Anche le narrazioni servivano a questo. Si racconta che Clodoveo re di Francia, di recente conversione, ai missionari che gli spiegavano le atrocità che avevano accompagnato la Passione di Cristo, con l’emozione verosimilmente legata al fastidio fisico di cui parliamo, esplose: ma no! dovevate chiamare me e i miei guerrieri Franchi! Noi non avremmo permesso una cosa del genere!

Già. Perchè questo è il problema. Perché questa sgradevole dispercezione corporea in genere non rimane lì. Diventa spesso un comportamento. Un comportamento che smuove, fa fare o trattiene dal fare delle cose . Magari induce anche a prendere le armi. Fa comunque schierare, se non la spegni. Perso a Bonhoefffer e a quegli altri dell’attentato a Hitler che dovettero percepirla chiaramente. Finì male, ma a loro dobbiamo essere grati per averci almeno provato. Ad Angelo Pegoraro. Ai partigiani e a tutti quelli che hanno parteggiato e parteggiano per la giustizia.

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E allora noi cosa dobbiamo fare? Una risposta possibile è questa- ed è paradossale detto da una che ha passato la vita a cercare di far stare meglio le persone o quanto meno meno peggio- Abbiamo bisogno di reimparare a stare male, a permetterci di stare male, raccogliendo quel messaggio concreto del corpo, quella nausea che non è una nausea ecc perché questo stare male è ciò che ci distingue dalla macchina. E’ quello che ci rende uomini e non personaggi da realtà virtuale.

Dobbiamo tenere aperta un’autostrada cervello-visceri.

E come facciamo a tenerlo aperto questo invisibile tracciato? Risposta. Raccontando. Mantenendo viva la memoria, non anestetizzandoci né autoipnotizzandoci con le illusioni .

Guardate che le aree cerebrali che immagazzinano la memoria sono vicine a quelle responsabili della famosa sgradevole sensazione di cui accennavo e in stretta connessione funzionale con esse. Guardate che il corpo sa molte più cose di quanto noi sospettiamo. Ci sono degli studi di biologia molecolare fatti su discendenti di sopravvissuti alla Shoah, tre generazioni dopo, quindi su persone che non avevano avuto niente a che fare con gli avvenimenti di allora, che hanno mostrato alterazioni enzimatiche sulle vie del cortisolo – l’ormone della paura- in quantità molto maggiore rispetto a controlli che non avevano questo dato nell’anamnesi familiare. Questo significa che certi traumi non si limitano a chi li ha subiti, ma sono transgenerazionali e passano da una generazione all’altra non solo attraverso le parole ma anche biologicamente. Il corpo sa. Ricorda. C’è una memoria antica, primordiale, annidata dentro il metabolismo cellulare che noi non controlliamo. E’ prima dell’inconscio. E non c’è analisi del profondo che la possa scardinare.

 

Ma questo non esime noi dal portarla, la memoria, anche nella coscienza attraverso le parole, non lasciandola svaporare con la morte degli ultimi testimoni; non chiudendoci nella stessa camera dell’eco con persone che la pensano come noi; soprattutto non smettendo un nostro monologo interno che ci renda pietra d’inciampo a noi stessi, continuando cioè ad ascoltare il corpo che ci “sta male” . Solo così abbiamo speranza di diventare comportamento e relazione con gli altri, magari attraverso manifestazioni come quella di oggi.

Perché non dobbiamo farci illusioni, dirci: eh ma adesso non è più come allora! Perché sempreè come allora.

Termino con una breve citazione di Viktor Frankl , anche lui medico, psichiatra, sopravvissuto alla persecuzioni razziali e ai campi di sterminio. Scrisse: Il male ha il dono dell’ubiquità e avendo visto negli ultimi anni tutto ciò di cui l’uomo è capace abbiamo imparato che OGNUNO ne è capace.

Perché davvero il male è ovunque: solo non deve avere l’ultima parola. E questo sì è che ancora in nostro potere!

Ed è di questo di cui ci dobbiamo ricordare tutti i giorni ma oggi di più, oggi che è il giorno della memoria.

Silvana Baldini

Gallarate, 27 Gennaio 2019

 

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