25 Aprile 2011. Celebrazioni ufficiali Gallarate

25 Aprile 2011. Celebrazioni ufficiali Gallarate

 Orazione ufficiale del 25 Aprile 2011 a cura di Gaia Angelo

Oggi, 25 aprile 2011 festeggiamo il 66° anniversario della liberazione del nostro Paese dagli occupanti nazisti e dal governo fascista di Mussolini. Una pagina importante della storia italiana, è inutile che ve lo dica, che ha chiuso il periodo buio della dittatura e ha aperto la strada alla libertà, alla nascita della Repubblica e alla Costituzione.

Non c’è una data che stabilisca quando la resistenza iniziò. Come scrisse Piero Calamandrei, semplicemente, «Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini».

La lotta partigiana in Italia fu caratterizzata dall’impegno unitario di tutto il fronte delle opposizioni che il fascismo con la violenza e la persecuzione aveva tentato di stroncare con ogni mezzo. Cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici,anarchici, trovarono l’intesa ideale e organizzativa sotto il comune obiettivo della democrazia e della libertà. È in quella scelta che si trovano le radici dell’Italia repubblicana.

Oggi, non voglio fare nomi, nel nostro paese qualcuno si è permesso di affermare che i nostri libri di storia, quelli sui quali i nostri ragazzi studiano tutti i giorni, sono “comunisti”, sono cioè troppo sbilanciati verso i valori della resistenza e della Costituzione. Questa si chiama censura e dobbiamo dirlo tutti, dobbiamo urlarlo con rabbia e determinazione. Questo è un bieco tentativo di revisionismo storico che sempre più spesso riaffiora e che dobbiamo seguitare a contrastare.

E’ in corso, inoltre, il tentativo di stravolgere il dettato costituzionale, attraverso un disegno di legge presentato il 29 marzo scorso da cinque parlamentari, che prefigura l’abolizione della XII Disposizione Finale della Costituzione e che consentirebbe di fatto la riorganizzazione del disciolto Partito fascista, che questa Disposizione ha vietato per sempre.

La Resistenza fu un moto di popolo, frutto di una «reazione spontanea e largamente diffusa». Ebbe molte forme, non solo quella dei partigiani sulle montagne; resistenti furono anche i civili che li aiutarono, i militari che si schierarono con gli antifascisti, i prigionieri di guerra che rifiutarono di andare a Salò.

La memoria della guerra, delle dittature, delle divisioni del passato è un patrimonio comune dei popoli europei. La Resistenza, è uno dei tasselli cruciali dell’idea nazionale; non un mito da sfatare, né il vessillo di una fazione, bensì la «reazione delle coscienze alla sfida contro i valori e la dignità dell’uomo».

Quella che insanguinò la penisola non fu una guerra tra stati, ma una guerra per la democrazia.

Resistenza fu la Resistenza attiva di chi prese le armi in pugno seguendo l’impulso della propria coscienza»; fu la «Resistenza silenziosa della gente, dei cittadini che aiutarono e soccorsero feriti, fuggiaschi, combattenti, esponendosi a rischi elevati»; fu la «Resistenza dolorosa dei prigionieri nei campi di concentramento in Germania e in Polonia».

Partecipo a molte riunioni, politiche e culturali ma soltanto gli incontri e le feste dell’Anpimi danno l’occasione di riflettere davvero su chi sono e da dove vengo e la progressiva e inarrestabile crescita degli iscritti Anpi, anche giovanissimi, dimostra come non sia così solo per me.

Oggi la sete di Resistenza è di nuovo forte e le storie dei partigiani possono insegnarci tanto.

La politica non è stata in grado di darci le risposte che cerchiamo ma le risposte ci sono già, sono nei libri di storia, sono nei racconti di chi è più anziano di noi. Risorgimento, Resistenza, Costituzione sono le risposte che stiamo cercando.

La lotta al precariato e alla disoccupazione, la lotta al degrado ambientale, la lotta al cemento, la lotta all’imbarbarimento culturale, la lotta al razzismo e all’omofobia, la lotta alla corruzione sono le nostre nuove battaglie.

La testimonianza delle sofferenze del coraggio che contraddistinsero quegli anni è racchiusa nella carta costituzionale repubblicana perché quella carta è l’atto di civiltà che ha concluso la guerra.

Avevo 12 anni quando per la prima volta mi regalarono un libretto fatto da 139 articoli che si chiamava Costituzione e nel donarmelo sottolinearono la sua importanza perché grazie a quello, mi dissero, avrei avuto la possibilità di vivere una vita libera e piena di opportunità.

Mi raccontarono che tanti ragazzi avevano sacrificato la loro vita per far si che un giorno qualcuno lo scrivesse, usarono proprio le parole “sacrificio” e “vita”. Ancora oggi tutte le volte che mi capita di leggere questa frase o di sentirla mi soffermo un attimo e quest’oggi voglio condividere con voi questa riflessione.

Su quelle montagne in quegli anni c’erano anche moltissimi ragazzi della mia età, in fuga, impauriti, affamati e infreddoliti ma nel cuore tanta voglia di essere liberi.

Quando vado a sentire i dibattiti politici o partecipo agli eventi culturali spesso mi sento dire dai miei amici che sono “impegnata”. Io definita impegnata perché impegno una serata del mio tempo o due ore della mia giornata quando neanche settant’anni fa c’è stato qualcuno che ha dato la vita per questo paese, la vita!

Angelo Pegoraro e Luciano Zaro, 18 e 20 anni sono ancora nei nostri cuori. Giovani. Gallaratesi. Partigiani.

Essere giovani di questi tempi è estremamente difficile, lo so. Crescere lo è altrettanto e la mancanza di certezze a volte ci porta a scegliere di trascorrere il nostro tempo libero cercando di non pensare a quei problemi che tutti i giorni ci ritroviamo ad affrontare.

Ci ritroviamo, quasi trentenni a dover fare ancora affidamento sui nostri genitori ai quali va il mio più sentito ringraziamento perché, nonostante le loro mille difficoltà nel mantenerci così a lungo, nelle elucubrazioni dei nostri politici spesso si sente dire che la colpa è loro, che la colpa è di chi ci tiene in casa, di chi ci prepara un pasto caldo e di chi ci presta la macchina per uscire il sabato sera.

Sovente ci dicono che siamo disinteressati, che siamo superficiali. Spesso per molti di noi è così, è inutile cercare di nasconderlo, ma spesso gli ostacoli ci sembrano insuperabili e così ci rifiutiamo di affrontarli, subendo passivamente la realtà.

Restiamo uniti, facciamo rete, non incontriamoci solo nei multisala o nei bar all’ora dell’aperitivo.

Quanto abbiamo da imparare da quei ragazzi sulle montagne durante la guerra? Tanto. Cosa abbiamo da imparare da essi nell’era dell’innovazione tecnologica ossessiva e compulsiva? Tre cose: umiltà, sacrificio e abnegazione.

I loro volti non dimentichiamoceli, appendiamoli alle pareti delle nostre camere, a fianco alle foto delle nostre persone care e al poster della nostra squadra del cuore.

Quest’anno festeggiamo il 150° anno dell’Unità d’Italia ed è un’occasione in più per ricordarci che da Bolzano a Ragusa siamo tutti italiani e uniti possiamo ancora una volta cambiare volto e direzione a questo paese.

Oggi l’Italia è in difficoltà, e qualsiasi cosa ci vengano a raccontare non crediamoci, l’Italia arranca, l’Italia non respira. I settori chiave della nostra economia, l’artigianato e il manifatturiero stanno morendo, il lavoro, quello stabile, manca e la disaffezione per la politica è crescente.Voglio leggervi alcuni articoli della Costituzione che secondo me possono e devono essere il punto di partenza per la nostra rivoluzione sociale, economica e culturale.

Art 10. della Costituzione

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Tra i nostri governanti c’è chi ha addirittura pensato di sparare sui migranti, in fuga dalla guerra e dalla fame, il diritto d’asilo è davvero garantito?

Art. 36. della Costituzione

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Uno stage o un contratto a chiamata o un contratto a tempo determinato a vita garantiscono un’esistenza libera e dignitosa? Permettono di formare una famiglia e di fare dei figli?

Art. 37. della Costituzione

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

Nel 2010 l’occupazione femminile in provincia di Varese ha perso 5 punti percentuali e il differenziale salariale è stato di circa 20 punti percentuali, la donna ha davvero gli stessi diritti?

Art. 53. della Costituzione

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

In Italia nel 2010 sono state sottratte all’erario imposte per 143 miliardi di euro, con la manovra Tremonti ne sono stati recuperati 24. Gli evasori continuano ad evadere e il governo si rifà sui lavoratori dipendenti, concorrono davvero tutti alle spese pubbliche?

Chiudo questo mio intervento con l’auspicio di vedere, da domani, sempre più volti nuovi nella nostra sede Anpi e di far diventare questo giorno non solo un giorno per ricordare ma un giorno per ricominciare. Per riprenderci le nostre città e le nostre vite, quelle città e quelle vite che senza la determinazione e il coraggio di chi ha scelto che il nostro paese doveva essere libero non sarebbero le stesse.

Gallarate, 25 Aprile 2011

Gaia Angelo

per le foto

flickr

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